martedì 30 novembre 2010

LOS JUEGOS DE LA JUVENTUS (che non è la squadra)

LOS JUEGOS DE LA JUVENTUS (che non è la squadra) vuol dire: I Giochi della Gioventù (che non è la squadra) il testo tra parentesi non è traducibile e si lascia così com'è.
Eh sì stanno proprio per ricominciare... nei miei ricordi........(suono di arpa che indica l'inizio del sogno) i giochi della gioventù! Ecco che la classe di piccoli pecoroni delle elementari si apprestano ad arrivare al "campo sportivo polivalente 3D" di Castro. Parte la marcetta dell'inno alla gioia che ogni tanto si inceppa....la cassetta era doppiata male, a tratti si sentiva la traccia di sotto che era Mr.Bombastic.
Sventolio di bandierine una per ogni nazione del mondo. Io naturalmente patteggiavo per la causa delle nazioni sfigate, così ho scelto la bandiera della Repubblica Ceco-Slovacca. Peccato che il mio atlante era di seconda mano e l'ultima volta che era stato aperto si ascoltavano gli ABBA e si ballava la disco anni '70. In pratica ho portato la bandiera di uno stato inesistente dato che la Cecoslovacchia si era da tempo divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia....
Comunque una volta scherati ci suddividono in squadre..ora non le ricordo tutte ma io stavo in quella dei polipi (o forse erano piovre?- sempre molluschi tuttavia), il nome era tutto un programma. Ma noi eravamo orgogliosi di partecipare, mica potevamo vincere? Noi, i molluschi, senza spina dorsale, snervati, amebe, cervelli fini dalla testa inutilmente grossa, piena-oltretutto- d'acqua. Eravamo l'incarnazione stessa del fondamento filosofico di quei giochi dettato da DeCoubertin in persona. Ecco da dove veniva il nostro orgoglio, dal sapere che eravamo destinati a perdere contro tutti, carne da macello fresca!
Le specialità in cui competevamo erano:
  • Tiro alla fune: i cinque più forti di ogni classe sfidavano un'altra squadra formata allo stesso modo. Chi perdeva oltre allo sdegno dei genitori, si beccava ingenti sbucciature alle ginocchia provocate dalla rovinosa caduta sul campetto di ghiaia.
  • Corsa ad ostacoli: uno ad uno si procede in un impervio percorso che consta di  cerchi di legno posizionati per terra con il seguente significato: cerchio singolo= piedi uniti, cerchio doppio= gambe aperte un piede in ogni cerchio, alla fine l'ostacolo bonus: la barra da scavalcare stile "staccionata olio Cuore". Chi cadeva si sbucciava sempre le ginocchia perchè il campo di calcetto era di cemento stile campetto da Basket di Harlem.
  • La corsa dei Cerchi: una corsa andata-ritorno facendo ruotare un cerchione di bicicletta (senza copertone nè raggi) per mezzo di un bastone di legno. Gli atleti dovevano far fronte a grande pazienza e nervi d'acciaio combinati con una velocità da centometrista!
La nostra squadra ha fatto pena su tutti i fronti. Persino i cerchi della corsa ad ostacoli si rifiutavano di collaborare e si spostavano ogni qual volta uno ci saltava dentro.. Rimaneva un'ultima possibilità, non per vincere, ma per perdere degnamente. L'ultima prova, la più difficile e sfuggente di tutte, la corsa dei cerchi appunto. Questa tecnica racchiudeva in sè secoli di storia, le ultime ricerche confermano con fonti certe che era praticata fin dalla scoperta della ruota. Solo in seguito i primitivi capirono che l'asse andava collocato dentro al buco della ruota e non usato per spingerla!
Per scegliere il rappresentante di questa disciplina vennero convocati cinque valorosi tra cui io, ma quando venne il momento di fare un passo avanti per offrirsi come volontari, tutti fecero un passo indietro e rimasi solo io volontario a mia insaputa.
Gli schieramenti erano pronti sulla linea di partenza; le mani mi sudavano, mi sistemai il cappello per protegermi da eventuali raggi solari sbiechi che avrebbero potuto compromettere la mia performance, tirai su i calzini per avere un minor impatto aerodinamico, e al fischio ero pronto. Immediatamente il cerchione scintillante cominciò a viaggiare davanti a me sospinto dal sapiente bastone che io stesso avevo decorato con il mio nome avvolto dalle fiamme. C'era ancora speranza, gli incitamenti si facevano più forti da parte della squadra dei polipi, anch'io cominciavo a crederci ma dopo due metri il cerchione prese volontà propria e si divelse dal giogo della mia di volontà, andando avanti da solo e cadendo roteando rovinosamente fuori pista.
Il destino mi fu avverso, perdetti in pochi secondi la speranza, l'onore e l'ormai irraggiungibile gloria.
Ma nonostante tutto le grida di tifo (beh con i molluschi si rischia il tifo- eheh..) e di euforia alle mie spalle non accennavano a smettere, possibile tanta contentezza per un perdente prima ancora che partecipante?
La risposta fu chiara quando girandomi notai che gli altri sfidanti erano fermi sulla linea di partenza ancora alle prese con bastone e cerchio cercando di farlo partire!
Avevo vinto! Vinto! Vintooo!
Coriandoli multicolori svolazzavano su di me lanciati da chissà chi, ragazze avvenenti in bikini mi consegnavano una ghirlanda di fiori e la coppa della vittoria. Ma erano solo le maestre che dicevano "bravobravo" stappando una bottiglia di spumantino sottomarca. Mi era caduto il cappello e il sole in faccia, si sa, giochi brutti scherzi.
Alla fine della tenzone avevamo comunque perso come squadra, ma una volta tornati a scuola festeggiammo in classe con quella bottiglia di spumantino ormai semivuota e caldissima.
Finisce così, nella mia memoria, il ricordo di quella giornata che tante emozioni ci donò, magari non è stata precisamente così, ma il tempo mischia le carte.
Vi lascio in calce una foto a testimonianza dell'ardua impresa.

-Da notare i calzini aerodinamici e il cappellino-parasole, peccato per le decorazioni del bastone che qui non sono visibili-